“All’improvviso tutto il nostro mondo, quello che fino a quel momento stavamo mettendo sú, tutto colorato di noi e della nostra gioia, del nostro amore puro e forte, dei nostri sogni e dei nostri progetti, si è colorato di nero. Tutta la mia esistenza si è colorata di nero”. Inizia così il lungo post di Emilia, la fidanzata dell‘ingegnere ferito da un colpo di pistola per difendere lo scooter in via Reggia di Portici, la lunga arteria di collegamento che da via Volta porta a corso San Giovanni a Teduccio.
Napoli, ingegnere ferito per difendere lo scooter: il commovente post della fidanzata
Sono le 23 di mercoledì 29 marzo quando Emilia posta la foto di una porta chiusa all’Ospedale del mare: “Foto scattata a chi mi chiedeva se c’erano novità, che le parole le avevo finite e gli occhi mi bruciavano per le lacrime. Qualche ora prima stavo preparando la cena dopo una giornata di lavoro, a metà di una settimana lavorativa che ci aveva visti impegnati nel nostro lavoro e che amiamo, come tutte le persone oneste, come tutte le coppie che, passo dopo passo, costruiscono la loro vita insieme. Ero inconsapevole. E all’improvviso, tutto il nostro mondo, quello che fino a quel momento stavamo mettendo sú, tutto colorato di noi e della nostra gioia, del nostro amore puro e forte, dei nostri sogni e dei nostri progetti, si è colorato di nero. Tutta la mia esistenza si è colorata di nero. Stavano distruggendo il nostro mondo”.
Il quadro clinico è disperato. “C’erano pezzi di me e del mio cuore ovunque sul pavimento freddo – scrive Emilia – Ma non poteva andare così. Mi hanno insegnato che l’universo risponde e che ciò che immetti nel tuo cerchio, ti torna indietro. Quindi mi sono nutrita di tenerezza, di tutte le carezze ricevute, di tutte le cose che dobbiamo fare e di tutti i progetti da portare a termine e di quelli da ideare una volta finiti quelli già impostati. A chi va il merito? A chi aveva deciso di scendere di casa con una pistola carica e di andarsi a prendere con la prepotenza e con una spietata efferatezza qualcosa che non gli apparteneva. Sparare due colpi per un motorino, comprato per raggiungere più velocemente il centro, dopo otto mesi che combattevamo per salvare la vita del papà di Fabio e, che dopo una lunga battaglia, si è spento giusto due settimane fa. Dolore dentro dolore. E così, avrebbero distrutto il nostro mondo” aggiunge la donna.
“Ma che ne sanno? che ne sanno di una vita fatta di sogni e sacrifici per raggiungerli? che ne sanno della speranza, della preghiera, della disperazione, di tutte quelle ore fuori una sala operatoria passate a supplicare affinché lui tornasse da me? si risolverà tutto perché è così che è giusto. Mi sono ripetuta per ore. Anche se le lacrime scendevano e mi faceva male l’anima. Io sono la custode del suo sonno. Io aspetto che dorma per rimboccargli le coperte, perché prima di dormire decidiamo dove incontrarci nel sonno. Andiamo a mangiare un gelato, andiamo in qualche parte del mondo, ovunque insieme. E in quel momento dormiva il sonno di chi doveva essere salvato, quando invece dovevamo essere a casa a riposare per affrontare la parte finale della settimana di lavoro”.
“Tre donne. Tre donne hanno operato da sera fino a mattino inoltrato. Tre donne che, nonostante la tragicità dell’accaduto, hanno mostrato professionalità ed empatia. Tre donne che al mio ‘dottoresse, avete il mio cuore in mano…’ mi assicuravano che avrebbero fatto l’impossibile per salvarlo ma che avrebbe molto probabilmente perso la gamba, nella migliore delle ipotesi”, prosegue la donna. E invece Fabio si è salvato: ora sta bene e gradualmente tornerà a condurre una vita normale.
Se il suo compagno può di nuovo tornare a camminare, per Emilia è merito di una serie di “eventi che ha visto combinarsi la scrupolosità di chi l’ha soccorso, la professionalità di chi ha operato e la fortuna che ogni tanto si fa sentire. Fabio è una persona onesta, una persona buona, una persona che merita soltanto il bene e il bello del mondo. Di persone buone ce ne sono e pensare che non siano al sicuro mi fa stare male”, aggiunge la compagna.
“Prendeteli. Non per vendetta, la vendetta è volgare come la cattiveria e come l’atto che hanno commesso. Prendeteli perché nessun altro deve sentire questo dolore. Al chirurgo Daniela Di Lella, ai carabinieri, ai soccorritori, a tutti quelli che hanno contribuito a salvare il mio Fabio, dico Grazie. Hanno provato a distruggere il nostro mondo. Ma non ci sono riusciti. L’amore è sempre più forte dell’odio”, conclude Emilia.