Ha ammesso di aver ucciso il suo amico di infanzia, Gennaro Ramondino. Ma ha negato di aver incendiato il cadavere. È reo confesso il 16enne, P.I., raggiunto ieri da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. “Me l’hanno detto i grandi, di farlo”, avrebbe detto. Un battesimo di fuoco a cui il ragazzo non si è sottratto per ottenere la benevolenza dei suoi boss ed entrare nel gruppo criminale.
Napoli, 16enne uccide l’amico d’infanzia per entrare nel clan: “Me l’hanno detto i grandi”
Doveva uccidere l’amico e farlo nel sottoscala adibito a piazza di spaccio. Lui, 16 anni appena, ha impugnato la pistola e ha fatto fuoco per uccidere Gennaro. Il primo colpo è andato a vuoto, gli altri due no. Dopo ha spostato il cadavere all’esterno e l’ha gettato in campagna, con la complicità e l’aiuto di altre due persone, tra cui i proprietari dell’appartamento dove si è consumato l’omicidio.
Qui, però, i racconti divergono: il 16enne dichiara di non aver incendiato il corpo. Gli inquirenti sospettano invece che lui abbia preso parte anche a questa fase del delitto. Ammette però di aver usato candeggina per lavare il sangue dello scantinato e di aver materialmente trasportato il cadavere fuori dallo stabile in via Comunale Napoli. «Non me la sono sentita però di dargli fuoco, non me lo potete chiedere, era un mio amico».
L’ordine partito da un 30enne
Così come spiega Il Mattino che possiede i verbali della dichiarazione del giovane killer, l’ordine di ammazzare Gennaro Ramondino sarebbe provenuto da un un uomo di 30 anni, sposato e padre di due bambini. «Mi disse che dovevo uccidere Gennaro. Non studio, non lavoro, sto sempre con loro. Non avrei mai preso un’iniziativa di questo tipo».
Ma la direttiva è stata perentoria: «Mi ha dato la pistola e mi ha detto di ucciderlo. Dovevo farlo io, perché minorenne, non avrei rischiato niente. Le cose andarono così: Gennaro era andato nel sottoscala, io l’ho seguito, l’ho visto risalire, ho puntato l’arma e lui mi ha fissato. Il primo colpo l’ha solo sfiorato, ma si è conficcato nella parete dello scantinato. Poi ho capito che, se lui fosse stato armato, avrebbe replicato. E gli ho sparato al petto».