Nel Comune sull’orlo del default finanziario, che si appresta a varare un piano pluriennale per il ripianamento del debito e a chiedere aiuto allo Stato centrale, più di quattro cittadini su dieci non sono in regola o non versano alcunché all’ente comunale per il pagamento di tributi. Dai canoni idrici ai rifiuti, dall’occupazione di suolo pubblico agli alloggi popolari. Una problematica derivante da una serie di fattori (inerzie amministrative, esiguità dell’organico in alcuni settori, scarsa volontà politica e pochi controlli), che ha avuto e ha un’incidenza pesantissima sulle casse del Comune e che si ripercuote sugli utenti che scelgono o possono ancora fare fronte alle gabelle imposte dall’ente cittadino. Tutto questo nonostante il Comune, per molti anni, si sia servito di un concessionario esterno per la riscossione dei tributi. Una scelta che non ha sortito gli effetti sperati e che anzi è stata fonte di polemiche e infuocati scontri politici.
La denuncia mediatica. Sott’accusa, dopo la denuncia di un ex assessore al Bilancio, Alberto Amitrano, è finito anche l’ufficio tributi. I numeri sarebbero impietosi. L’ufficio – secondo Amitrano – “non ha notificato almeno 3 mila bollette, con importi inferiori ai 100 euro, di rettifica per il ruolo dell’acqua del 2008, ormai andato in prescrizione, rinunciando pertanto a circa 400 mila euro; non è stato emesso il ruolo coattivo dell’acqua, sempre per l’anno 2008, rinunciando a circa 2 milioni di euro; non sono state mai inviate le bollette dell’acqua del secondo semestre del 2012, già preparate dal vecchio concessionario e pronte per la spedizione; non è stato emesso il ruolo coattivo della Tarsu per l’anno 2008; non è stata effettuata la lettura e la contabilizzazione delle bollette dell’acqua per l’anno 2013”.
Case popolari e canoni idrici. A questi dati, già di per sé inquietanti, se ne aggiungono altri non meno emblematici: circa quattromila famiglie non sono state mai censite ma, seppur non abbiamo mai versato un centesimo al Comune, usufruiscono regolarmente del servizio idrico. Poi c’è il problema della dispersione idrica, almeno il 30 per cento della cifra che il Comune versa alla Regione e ad Acqua bene comune Napoli. L’Ente acquista ogni anno circa 10 milioni di litri d’acqua ma ne fattura poco più di 3 milioni. Il costo degli altri 6 milioni e mezzo viene, in pratica, spalmato su soli 16 mila contribuenti. I soliti noti, insomma. Quelli che non sfuggono ai controlli e che, seppur tra mille difficoltà, non perseguono la strada dell’evasione. A poco o nulla è servita la lotta ai”furbetti” annunciata durante la gestione commissariale, quando ad alcune famiglie venne staccata la fornitura di acqua potabile. Qualcuno (pochi in realtà) regolarizzò la propria posizione, molti altri invece fecero leva su un escamotage contemplato dal regolamento comunale idrico, che imponeva lo stop alle procedure per il distacco a quei condomini che avessero presentato un certificato di invalidità superiore al 74 per cento. Non va meglio per le case comunali, occupate perlopiù (almeno il 95 per cento) da abusivi o da persone che non versano nemmeno quelle poche decine di euro previste dai vecchi contratti.
Mercati. Identico refrain anche per gli operatori dei due mercati cittadini ai quali l’ente fornisce servizi: quello ortofrutticolo e quello pannino. Nel corso del 2013, stando ai dati dell’ultimo bilancio, per l’occupazione di spazi pubblici e stalli il Comune ha incassato la miseria di 364 euro.